Le operazioni di potatura “si propongono di esaltare la capacità funzionale dell’olivo ai fini di accentuarne la fruttificazione. Se si considera in qual modo l’albero si nutre, si accresce e compie le sue funzioni, ci si rende conto che si influisce in modo notevole sul rendimento modificando il numero o l’entità dei singoli rami con le operazioni cesorie, la loro disposizione nello spazio rispetto alla luce e i loro rapporti reciproci con il tronco, variando, inoltre, opportunamente, la forma della chioma.”
Oggi la potatura dell’olivo ha anche altri connotati volti a massimizzare l’efficienza e l’efficacia anche di altre operazioni colturali, ovvero la raccolta e la difesa.
I principi della potatura di produzione dell’olivo sono indipendenti dalla forma di allevamento:
1 – rispetto della forma di allevamento e dello scheletro della pianta
2 – riduzione della dimensione dei rami secondari e della massa legnosa, rispettando la forma di allevamento
3 – mantenimento dell’equilibrio vegeto-produttivo, lasciando abbastanza rami per la fruttificazione e spazio per la crescita di nuova vegetazione
4 – mantenimento di una superficie fogliare compatibile con il volume della chioma e la probabile estensione/volume radicale (equilibrio chioma-radici)
5 – disposizione dei rami secondari equilibrato lungo l’asse principale e lungo le branche principali, sia spazialmente sia per dimensione (dal più leggero/piccolo nella porzione alta della chioma fino ai più grandi/pesanti/strutturati nella porzione basale della chioma)
6 – garantire adeguata illuminazione della chioma
7 – garantire che i trattamenti di difesa fitosanitaria possano raggiungere tutte le parti della chioma
8 – garantire l’economicità e la sicurezza delle operazioni di potatura
Come potare olivo: applicare le regole
Cerchiamo dunque di declinarle nella tecnica di potatura ulivi di campo che, possibilmente, deve essere eseguita da terra con svettatoi o potatori/forbici/motoseghe elettriche montate su aste telescopiche. L’uso di tali mezzi, oggi sempre più precisi e funzionali, garantisce la sicurezza degli operatori e velocità d’intervento, limitandolo al minor numero possibile di tagli, a seconda delle dimensioni e della condizione dell’albero.
Ogni organo e struttura dell’albero ha una propria funzione, quindi deve avere una propria disposizione e angolo di inserzione sulla struttura primaria dell’olivo. Ci sono rami che sono un sink (attirano nutrienti e assimilati) e rami che sono source (sono fonte di assimilati). Tipicamente i rami più giovani sono source mentre i rami più grandi sono sink. Rami verticali sono tipicamente dei sink, rami orizzontali diventano tipicamente dei source. Le olive sono degli attrattori di risorse (nutrienti e assimilati). Questo significa che i rami fruttiferi devono avere un grado di inserzione orizzontale perché possano essere delle fonti di nutrienti delle olive. Nel caso di raccolta con scuotitori al tronco il grado di inserzione però non dovrebbe essere eccessivamente orizzontale per garantire una buona trasmissibilità della vibrazione. La punta dell’albero è un sink naturale che serve quindi ad attirare nutrienti fino alla cima perché possano essere distribuiti più uniformemente all’intera chioma. La punta dell’albero non dovrebbe terminare con una piccola cimetta assurgente ( spesso ed erroneamente chiamata “tiralinfa” ); è invece importante è che sia rigogliosa, ovvero rivestita di molti rametti, per assolvere il ruolo di sink.
Tagliare tutte le cime dell’olivo è dannoso.
Gli ormoni vegetali esercitano il controllo della destinazione e ripartizione degli assimilati, delle risorse idriche, minerali e nutrizionali, determinando l’entità e le modalità di crescita dei diversi organi e quindi dell’intera pianta. Le auxine, le giberelline e le citochinine svolgono un ruolo positivo nell’attivazione dei sink e di conseguenza influiscono sullo sviluppo vegetativo e riproduttivo. La potatura, riducendo il numero di meristemi (gemme apicali in accrescimento) e dei siti della sintesi ormonale, modifica il bilancio con fluttuazioni più o meno accentuate.
A tal proposito si ricorda che numerosi piccoli tagli stimolano maggiormente la formazione di nuovi germogli rispetto a pochi grossi tagli; l’eliminazione di rami secondari grandi stimola meno l’accrescimento vegetativo rispetto all’eliminazione di un’equivalente quantità di singoli rametti o piccole branchette.
E’ importante che i rami secondari, ovvero i rami che si inseriscono direttamente sulle branche principali o sull’asse centrale, siano disposti in maniera uniforme lungo la branca, tenendo conto della capacità strutturale dell’albero. Questo significa che è bene lasciare rami più leggeri e di dimensioni minori sulla porzione alta della chioma e via via più grandi e pesanti nella porzione basale. Rami troppo grandi sulle parti alte, tipici per esempio delle forme di allevamento acefalo, obbligano a interventi negli anni sulle branche principali che andranno a piegarsi in maniera anomala. Generalmente tali rami di grandi dimensioni vengono lasciati poiché si ritiene che possano attrarre più nutrienti verso di sé, riducendo lo sviluppo in altezza dell’albero. In realtà, quello a cui si assiste è la formazione di numerosi rami assurgenti e verticali in competizione tra loro e per gli assimilati, che andranno ridotti o eliminati, con la conseguenza di aver sprecato energie importanti per l’albero. Rami troppo grandi, inoltre, sono generalmente anche piuttosto estesi, creando ampie zone di ombreggiamento nelle parti sottostanti della chioma. E invece una delle regole della potatura di produzione è favorire l’irraggiamento luminoso e l’arieggiamento.
Quando l’illuminazione della chioma scende sotto al 10-30% della massima irradiazione luminosa processi come la fotosintesi, l’accrescimento dei germogli ma anche la crescita e inolizione dei frutti, quindi processi collegati alla produttività della pianta, vengono sensibilmente ridotti.
E’ infatti noto che alte intensità luminose promuovono la differenziazione delle gemme a fiore e con valori di intensità luminosa minori al 30% della massima disponibile l’induzione a fiore non avviene o è molto ridotta. Oltre a questo è bene ricordare che è bene che le giovani foglie, quelle che si sviluppano nell’anno della potatura, ricevano la massima insolazione per tutto il loro ciclo di sviluppo fino all’età adulta. Le foglie sviluppatesi in condizioni di scarsa intensità luminosa non sono in grado di raggiungere una capacità fotosintetica pari a quelle cresciute in condizioni di buona illuminazione.
Occorre infine ricordare che condizioni di ombreggiamento prolungato favoriscono l’instaurarsi di fungi e parassiti.
Tipicamente anche una potatura dicotomica, che prevede continue biforcazioni dei rami secondari man mano che ci si sposta verso l’alto, porta a ombreggiamento e progressiva defogliazione delle parti basali. E’ infatti bene ricordare che la vita di una foglia di olivo arriva a tre anni ma, in condizioni di scarsa illuminazione, tende a cadere alla fine del secondo anno. La potatura dicotomica avrebbe, tra i suoi scopi principali, la riduzione del vigore dei rami per favorire il contenimento delle dimensioni dell’albero e la fruttificazione. In realtà si ha solo un apparentemente contenimento della vigoria con la produzione che si sposta progressivamente verso l’alto, con la necessità, dopo qualche anno, di interventi cesori importanti per ricostituire la chioma basale dell’albero.
Nell’eseguire tutte le operazioni citate occorre ovviamente tenere in considerazione l’intensità di potatura. Considerando la chioma asportata la potatura si distingue in leggera, media e intensa, quando venga eliminato rispettivamente il 10-15%, 20% e 30% o più della vegetazione. Per stabilire la giusta intensità di potatura occorre considerare la risposta diversi fattori: la cultivar, le condizioni pedoclimatiche, la carica di frutti dell’anno precedente e osservare la reazione dell’albero alle potature precedenti. Una potatura troppo blanda non favorirà la nuova vegetazione che viceversa sarà eccessivamente favorita da una potatura severa. Con terreno molto fertile o abbondanti concimazioni è bene ridurre l’intensità di potatura e la verticalità dei rami. Se siamo in presenza di una varietà vigorosa avremo bisogno di maggior spazio a disposizione delle piante (sesto d’impianto), ed è opportuno ridurre l’intensità di potatura per non stimolare troppo l’olivo. In generale l’intensità di potatura dipende anche dalle necessità dell’albero in termini di disposizione spaziale dei rami secondari, dalla distanza dalle altre piante e per favorire una sufficiente illuminazione in proporzione ad una buona foltezza della chioma, caratteristica naturale tipica di questa specie.
Da questo punto di vista è quindi importante capire i segnali che fornisce la pianta, prima e dopo la potatura, perciò è necessario controllare la reazione delle piante post potatura, cioè in fase di fioritura. I succhioni e i polloni, ovvero rami molto vigorosi e assurgenti, sono spesso la risposta della pianta a uno squilibrio chioma-radici. Una potatura troppo severa obbliga l’olivo a reagire emettendo rami vigorosi, che possono crescere in breve tempo, ripristinando un’adeguata superficie fotosintetica.
Regole generali di approccio all’esercizio della potatura
Quando ci si avvicina all’olivo da potare, prima di qualsiasi intervento, è bene fare un giro intorno all’albero, osservando lo scheletro, le branche principali e quelle secondarie, la loro disposizione spaziale e la loro vigoria, conformazione ed età (presenza di branchette esaurite o secche).
Una volta che ci si è fatti un’idea della conformazione dell’albero si può iniziare a intervenire su polloni e succhioni, eliminando solo quelli più vigorosi, interni alla chioma e vicini alla inserzione dei rami secondari. Questa operazione può risultare essenziale per avere un’idea degli spazi nel caso ci sia una foltezza tale da impedire una chiare visuale della pianta .
A questo punto si comincia individuando le cime delle branche principali. Esse dovrebbero avere tendenzialmente la stessa altezza rispetto al piano del terreno, simile conformazione e vigoria per non creare squilibri tra le branche principali. Questo significa che può risultare utile, in caso di dubbi, di lasciare più potenziali cime in una fase iniziale, intervenendo alla scelta finale solo una volta che i tagli principali sono stati eseguiti. Buona prassi è che la cima sia in continuità con la branca principale, senza troppe derivazioni, non sia vigorosa, sia verticale o lievemente inclinata (massimo 30 gradi) verso l’esterno della pianta.
Una volta individuata la o le cime si interviene sullo scheletro, quindi eliminando i rami secondari esauriti, quelli mal disposti, sovrapposti, asportandoli o accorciandoli se troppo esterni con tagli di ritorno. Nella scelta dei rami secondari è bene preferire quelli meglio inseriti sulla branca principale, equidistanti dagli altri e che offrono migliore potenziale produttivo.
Quando gli interventi più importanti sono stati portati a termine si interviene sulle branchette fruttifere o terziarie, diradandoli, eliminando la vegetazione vecchia, di solito ben riconoscibile perché è la più interna o sottostante altre ed è più spoglia di foglie. E’ bene, nella gestione della vegetazione secondaria, eliminare i rami esauriti ma non quelli più giovani che possono germogliare anche verticalmente nella parte più esterna di un ramo secondario. Quindi è bene evitare di “pelare” tutti i giovani rametti assurgenti, specie se lontani dalla branca principale, poiché saranno la futura chioma produttiva una volta che l’attuale andrà in esaurimento.
Generalmente, una volta completate tutte queste operazioni, è bene fare un nuovo giro intorno alla pianta per comprendere se si è raggiunto l’equilibrio richiesto dalla potatura di produzione. E’ bene però effettuare solo un colpo d’occhio, senza soffermarsi eccessivamente, per evitare tagli di rifinitura che potrebbero risultare inutili e antieconomici per la potatura per olive.
Quando potare l’olivo? La potatura dell’olivo in inverno ed estate
I momenti dell’anno in cui si può intervenire con tagli cesori sulla pianta (olivo potatura) sono essenzialmente due: la potatura secca alla fine dell’inverno o inizio della primavera e la potatura verde in estate. La definizione di potatura secca è impropria e di derivazione frutticola, indicando il momento di fermo vegetativo della pianta (quando in frutticoltura i rami sono spogli e appaiono secchi). L’olivo è un albero sempreverde pertanto non ha un vero e proprio fermo vegetativo, quanto una stasi con minori flussi linfatici e minore attività fotosintetica e di scambi gassosi.
La potatura invernale dell’olivo è quindi il momento principe per gli interventi cesori principali. E’ in questa fase che si operano i tagli principali sullo scheletro e sulla struttura dell’albero. Ovviamente il periodo preciso dipende da vari fattori, come l’epoca in cui è finita la raccolta delle olive, il rischio di gelate e/o di false primavere e in generale dalla correlazione con le altre operazioni colturali. Irrigazioni eseguite tardivamente, per preservare i frutti, possono indurre una stasi ritardata dell’olivo, così come concimazioni azotate autunnali. Un intervento precoce, in questi casi, può favorire un riscoppio vegetativo anticipato e un potenziale disequilibrio vegeto-produttivo. Una raccolta tardiva delle olive (gennaio-febbraio) può indurre una ritardata differenziazione delle gemme a fiore e una potatura precoce, magari durante la raccolta, può favorire la fase vegetativa, incrementando l’alternanza di produzione. L’epoca di potatura dell’olivo va sempre quindi considerata in ragione della fisiologia dell’albero, dell’andamento meteo-climatico e delle operazioni colturali sull’oliveto.
In estate la tradizione vuole che la potatura sia limitata alla rimozione dei polloni o succhioni dalla pianta. In realtà la potatura verde dell’olivo può avere molteplici funzioni, oltre a ridurre eventuali squilibri vegeto-produttivi creati con la potatura invernale. Interventi cesori sulla chioma, favorendo l’illuminazione, possono accelerare la maturazione delle olive, riducendo anche il fabbisogno idrico della pianta. Interventi simili, quando possibile, andrebbero però eseguiti con molta accortezza e attenzione, limitandoli allo stretto necessario, per evitare disequilibri.
Ogni quanto un ulivo è da potare? Il turno di potatura
La tradizione vuole che l’olivo vada potato tutti gli anni. La potatura annuale permette infatti una gestione molto ordinata e precisa dell’equilibrio vegeto-produttivo dell’olivo, senza interventi troppo drastici, in particolare sulla struttura secondaria dell’albero, spesso limitandosi a tagli di rinnovo o comunque a pochi interventi. E’ la classica potatura leggera dell’olivo. Dal punto di vista operativo ed economico, se si è operato adeguatamente negli anni precedenti, la potatura annuale potrebbe essere svolta in 5-10 minuti per albero, a seconda della sua dimensione. Spesso è l’organizzazione aziendale, oltre alla cronica mancanza di manodopera a rendere impossibile la potatura annuale dell’olivo, a favore di turni più lunghi.
La potatura biennale dell’olivo è la tecnica probabilmente oggi più diffusa. Consiste nell’intervento cesorio effettuato ogni due anni. Obbliga, ovviamente, a una tipologia di potatura media o medio severa, dovendo tenere conto dello sviluppo vegetativo di due stagioni di crescita. Dal punto di vista operativo ed economico la potatura biennale potrebbe essere svolta in 10-15 minuti per albero, a seconda della sua dimensione.
E’ possibile intervenire a cadenza poliennale, ogni tre, quattro o cinque anni? Senza considerare i vincoli della Politica agricola comunitaria ma solo di tipo agronomico, la potatura poliennale è possibile, purchè rientri in una strategia aziendale, pur piuttosto rischiosa. L’intervento poliennale infatti prevede sempre interventi cesori severi, con accentuazione dell’alternanza di produzione tipica dell’olivo. In una cadenza triennale, per esempio, al primo anno dopo la potatura si delega il rigoglio vegetativo, con bassa o nulla produzione, con il secondo anno in cui si avrà una produzione modesta/media e un rigoglio vegetativo medio, e il terzo anno con rigoglio vegetativo modesto e abbondante produzione. La media produttiva triennale potrebbe essere comparabile con quella di cicli di potatura più brevi. Si tratta, tuttavia di una pratica rischiosa, poiché se nell’anno di massima carica avvengono fenomeni meteo-climatici avversi con impatto sulla produttività, l’intero ciclo di produzione triennale risulta economicamente compromesso.
Fonti: Teatro naturale, l’arca Olearia. Accademia nazionale dell’olivo e dell’olio. “Olivicoltura” di Alessandro Morettini.
Elaborazione a cura di Luca Landini, potatore, fondatore e direttore della Scuola di Olivicoltura di Pescia